Save The Planet: le lampadine a risparmio energertico

Cosa sono, quando e come usarle.
La lampada fluorescente è un particolare tipo di lampada a scarica in cui l’emissione luminosa visibile è indiretta, ovvero non è emessa direttamente dal gas ionizzato, ma da un materiale fluorescente (da cui il nome).
Questo tipo di lampade sono erroneamente chiamate lampade al neon o tubi al neon, ma non sempre contengono neon e in realtà il loro funzionamento è dovuto principalmente alla presenza di vapori di mercurio e di materiali fluorescenti, e non al neon.

È costituita da un tubo di vetro, che può essere lineare, circolare o variamente sagomato (si distinguono in particolare le lampade CFL, Compact Fluorescent Lamp, che hanno il tubo di forma tale da avere poco ingombro e solitamente integrano l’elettronica di alimentazione e sono fornite di attacco E27) al cui interno è dapprima praticato il vuoto, poi introdotto un gas nobile (argon, xeno, neon, o kripton) a bassa pressione ed una piccola quantità di mercurio liquido, che in parte evapora mescolandosi al gas nobile. La superficie interna del tubo è rivestita di un materiale fluorescente, dall’aspetto di una polvere bianca. Ai due estremi del tubo sono presenti due elettrodi.
Gli elettroni in movimento tra i due elettrodi eccitano gli atomi di mercurio contenuti nel gas, sollecitandoli ad emettere radiazione ultravioletta. Il materiale fluorescente di cui è ricoperto il tubo, investito da tali radiazioni, emette a sua volta luce visibile. Poiché la luce visibile ha una frequenza e quindi una energia inferiore a quella ultravioletta, la trasformazione prodotta dal materiale fluorescente comporta una inevitabile perdita di energia, sotto forma di calore, che determina il riscaldamento del tubo. Una differente composizione del materiale fluorescente permette di produrre una luce più calda oppure più fredda.

Circuito di alimentazione tipico di lampada fluorescente: S=starter, L=lampada, C=condensatore filtro, R=reattore.Gli elettrodi di un tubo fluorescente, al contrario di una lampada ad incandescenza non possono essere collegati direttamente alla rete elettrica perché per la sua caratteristica tensione-corrente, la lampada deve essere alimentata in limitazione di corrente. Per questo motivo si pone in serie alla lampada un dispositivo in grado di limitare la corrente, solitamente una induttanza, chiamata comunemente reattore, che permette in aggiunta di generare una sovratensione che agevola l’innesco, oppure in rarissimi casi si usa una resistenza.
Esistono due categorie di alimentatori: elettromagnetici ed elettronici.

Le lampade fluorescenti hanno una vita media maggiore rispetto a quelle ad incandescenza, ma la loro durata può essere fortemente influenzata dal numero di accensioni e spegnimenti, a meno che non si usi un pilotaggio elettronico: ognuna di queste operazioni, infatti, riduce la vita della lampada, a causa dell’usura subita dagli elettrodi. Il valore che viene fornito dalle aziende produttrici è generalmente calcolato con cicli di accensione di 8 ore, e va dalle 12-15000 ore delle lampade tubolari alle 5-6000 ore delle lampade compatte.
Il pilotaggio elettronico, invece, grazie al preriscaldo dei catodi (elettrodi), ne evita il danneggiamento consentendo un numero di accensioni praticamente infinito (oltre 60000) e la precisione del controllo ne estende la vita ad almeno 10000 ore. A differenza delle lampade a incandescenza, queste lampade perdono leggermente in quantità di flusso luminoso emesso nel corso del tempo, inoltre per i modelli meno recenti (generalmente senza preriscaldo) di lampade compatte possono impiegare generalmente qualche minuto per arrivare al massimo di emissione possibile dopo l’accensione.
Ci sono diversi modi di classificare le lampade fluorescenti presenti in commercio in base alle loro caratteristiche.
Una prima classificazione tiene conto della forma geometrica del tubo fluorescente. Come già accennato, vi sono:
lampade fluorescenti compatte, concepite per concentrare tutta la luminosità in un piccolo volume con lo scopo di ridurre l’ingombro, specialmente quando si desidera la sostituzione di una lampada ad incandescenza (molto poco efficiente dal punto di vista energetico) contenuta in un piccolo alloggiamento con una lampada a risparmio energetico;
lampade fluorescenti circolari, per le quali il tubo ha una forma circolare, utili per ottenere un’illuminazione simmetrica in diverse direzioni;
lampade fluorescenti lineari, per le quali il tubo ha una forma lineare; la lunghezza è variabile a seconda del modello, in modo da ottenere una diversa luminosità complessiva.
Spessore
Molto importante è anche lo spessore del tubo fluorescente. In commercio, sono molto diffusi: tubi con diametro pari a 12,5 mm, indicati con la sigla T4
tubi con diametro pari a 16 mm, indicati con la sigla T5
tubi con diametro pari a 26 mm, indicati con la sigla T8
Tipo di polvere fluorescente 
Le lampade fluorescenti possono essere classificate anche in base al tipo di polvere fluorescente utilizzata, che riveste l’interno del tubo e che converte le radiazioni ultraviolette prodotte dagli atomi di mercurio in luce visibile. In particolare, ci sono le polveri ad alofosfati, nel qual caso si parla di lampade fluorescenti standard (ormai in via di eliminazione, a causa della scarsa resa cromatica),
le cosiddette polveri trifosforo, nel qual caso si parla di lampade fluorescenti trifosforo,
le polveri pentafosforo, nel qual caso si parla di lampade fluorescenti pentafosforo.
Tonalità luminosa e codice di colore
Anche avendo fissato il tipo di polvere fluorescente utilizzato, se ne può variare opportunamente la composizione per variare la tonalità luminosa, in particolare la temperatura di colore, della radiazione visibile emessa dalla lampada. Per identificare le diverse tonalità luminose, si utilizza il cosiddetto codice di colore, che viene indicato dai produttori delle lampade fluorescenti. Tale codice si compone di tre cifre, delle quali la prima indica il tipo di lampada:
6 per standard,
7 per standard extra, ossia standard trattata per migliorare la resa cromatica, oppure trifosforo trattata per aumentare la luminosità, peggiorando la resa cromatica,
8 per trifosforo,
9 per pentafosforo;
la seconda e la terza indicano la temperatura di colore espressa in centinaia di kelvin.
Per esempio, il codice 827 indica una lampada fluorescente trifosforo con temperatura di colore pari a 2700 K. Ecco, pertanto, i diversi possibili codici:
630 = standard, warm white (bianco caldo, 3000 K)
640 = standard, cool white (bianco freddo, 4000 K)
665 = standard, daylight (diurna, 6500 K)
740 = standard extra, cool white (bianco freddo, 4000 K)
765 = standard extra, daylight (diurna, 6500 K)
(Aggiungiamo che per le lampade fluorescenti standard qualche produttore utilizzava anche un vecchio codice di colore a due cifre, per esempio:
33 corrisponde a 640
54 corrisponde a 765
83 corrispinde ad una lampada standard extra, trattata in modo da migliorare la resa cromatica quasi al livello delle trifosforo, con temperatura di colore pari a 3000 K
84 come la precedente, ma la temperatura di colore è 4000 K
ecc.)
Serie trifosforo:
830 = trifosforo, warm white (bianco caldo, 3000 K)
835 = trifosforo, white (bianco neutro, 3500 K)
840 = trifosforo, cool white (bianco freddo, 4000 K)
845 = trifosforo, 4500 K
850 = trifosforo, 5000 K
860 = trifosforo, 6000 K
865 = trifosforo, daylight (diurna, 6500 K)
880 = trifosforo, skywhite (superdiurna, 8000 K)
Serie pentafosforo:
930 = pentafosforo, warm white (bianco caldo, 3000 K)
940 = pentafosforo, cool white (bianco freddo, 4000 K)
950 = pentafosforo, 5000 K
960 = pentafosforo, 6000 K
965 = pentafosforo, daylight (diurna, 6500 K)
A parità di temperatura di colore, per il nostro occhio, la differenza tra una lampada trifosforo ed una pentafosforo è quasi impercettibile, ma le lampade pentafosforo, di più recente introduzione, hanno una resa cromatica migliore, poiché presentano uno spettro più completo ed omogeneo, anche se la loro luminosità appare lievemente minore.
Bisogna, infine, aggiungere che il codice di colore a tre cifre può essere utilizzato anche per altre sorgenti luminose. In tal caso, la prima cifra indica la resa cromatica: per esempio, 8 indica una resa tra l’80 e l’89% (come effettivamente accade per le lampade fluorescenti trifosforo), 9 indica una resa non inferiore al 90% (come effettivamente accade per le lampade fluorescenti pentafosforo);
la seconda e la terza cifra indicano ancora la temperatura di colore.
Precauzioni 
Le vecchie lampade fluorescenti contengono mercurio che è estremamente inquinante (non quelle nuovo tipo) e molti componenti che possono essere riciclati. Dopo l’uso devono essere smaltite in maniera differenziata tra i materiali RAEE e non con il vetro. Per questo vanno obbligatoriamente consegnate al rivenditore o all’apposito centro di riciclaggio spesso presso le discariche comunali. Inoltre, c’è chi sostiene che le Lampade Fluorescenti Compatte arrechino fastidio e danni a persone con problemi di fotosensibilita (elettrosensitività, autismo, epilessia, emicrania), e emettano radiazioni potenzialmente pericolose di UV-B e tracce di UV-C (lampade senza il doppio guscio protettivo ed anche alcuni tipi di lampade alogene)
La Direttiva 2002/95/CE vietava nell’UE a partire dal luglio 2006 di commercializzare apparecchiature elettriche ed elettroniche contenenti sostanze tossiche quali piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati (PBB) o etere di difenile polibromurato (PBDE). La Direttiva esentava da tale obbligo la vendita di lampade fluorescenti compatte per un quantitativo massimo di mercurio pari a 5 mg per lampada, dato che il mercurio era un elemento necessario per il funzionamento di queste lampade. Tale esenzione non è stata riesaminata in seguito alla comparsa in commercio di lampade fluorescenti completamente prive di vapori di mercurio (fonte: Wikipedia)

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